Malware: in Italia quasi 3000 siti che sfruttano il coronavirus
Sul nostro blog abbiamo già trattato l’argomento malware in vari modi, anche in relazione all’attuale crisi sanitaria che coinvolge tutto il mondo.
La Palo Alto Networks ha svolto una ricerca per approfondire la questione legata alle minacce informatiche, nelle settimane intercorse tra il 9 marzo e il 26 aprile 2020.
Risultato? Sembra che ogni giorno siano stati creati 1767 domini malevoli legati al Covid-19. Di un totale di 1,2 milioni di domini creati, più di 86.000 sono stati classificati come “ad alto rischio” o “dannosi”: in questo modo vengono identificati i portali web che esporrebbero gli utenti che li visitano ad infezioni da malware, tentativi di phishing o attacchi “command&control”.
Nella ricerca è emerso che il paese con il più alto numero di domini potenzialmente dannosi sono gli Stati Uniti con oltre 29 mila siti web, al secondo posto l’Italia con 2.877 e al terzo posto la Germania con 2564. Al quarto posto la Russia con 2.546 siti web dannosi.
Se si rapporta il numero rilevato per l’Italia con quello degli Stati Uniti, i quali fanno riferimento in realtà a tutti i 50 stati dell’unione, il numero è estremamente alto.
Come è ovvio che sia, i siti web presi in analisi utilzzano set di parole chiave che comprendono tutte quelle che ruotano attorno al coronavirus, perciò: “covid, covid19, covid-19, coronavirus, vaccino, pandemic, pandemia, e così via.
Circa l’80% dei siti web presi in analisi porterebbe gli utenti ad essere esposti ad infezioni da malware, mentre il 20% ad attacchi di phishing volti a rubare dati sensibili. Lo 0,2% sembra essere utilizzata invece per la funzione di command&control: si tratta di una tecnica malevola con cui gli aggressori conservano le comunicazioni con i sistemi compromessi all’interno di una rete dopo che un virus informatico è stato scaricato.
A margine di tutto questo sembra che quasi tutti i siti malevoli siano ospitati sui principali gestori di spazio cloud, naturalmente all’oscuro della vicenda.
Source: wired.it