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Internet e mobile, i numeri dell’Angola

Sono passati ormai 15 anni da quando il Governo dell’Angola ha avviato un intenso piano di liberalizzazioni del settore delle telecomunicazioni. Una strategia che ha dato buoni frutti, portando il paese ad essere uno dei più “connessi” dell’Africa sub sahariana. L’infografica di VuBlog fotografa lo stato attuale delle TLC nella nazione, ed evidenzia come la strada sia ancora lunga. La banda larga su rete fissa ha un tasso di penetrazione dello 0,4%, quella mobile del 16,4% (fonte: ITU). Solo il 21,3% della popolazione è connesso alla rete, mentre il 68,4% è dotato di un cellulare e di una SIM.

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La banda larga combatte povertà e disuguaglianze

La banda larga è un sistema di trasmissione che garantisce un migliore accesso alle reti dati mondiali e permette di gestire in maniera più ampia e veloce lo scambio di dati. Si tratta di un volano per la crescita competitiva di un paese, sia in termini di crescita tecnologica sia in termini di nuova occupazione.

Un cammino ancora lungo

In Italia, la strada per lo sviluppo della banda larga è ancora lunga.  Ad oggi, secondo i dati pubblicati da Ernest & Young, la fibra ottica raggiunge solo il 14% dei comuni italiani con il valore più alto in Campania, dove le offerte sono disponibili nel 40% dei comuni e il più basso in Abruzzo, con il 2% di centri abitati coperti. Il nostro paese quindi è ancora lontano dal rientrare nel gruppo dei 5 più “broadband ready” che secondo The Media Institute sono gli Stati Uniti, la Corea del Sud, il Giappone, il Regno Unito e la Francia.

Banda larga e sfide sociali in Africa

A livello mondiale è interessante notare come la banda larga sia sempre più uno degli strumenti principali per superare la povertà e le disuguaglianze sociali. Al momento i paesi con la maggior percentuale di individui connessi sul totale della popolazione sono prevalentemente europei, mentre l’Asia è leader nelle connessioni mobili.

Anche il futuro dell’Africa viaggia sulla banda larga che rappresenta un fattore determinante per il decollo economico e la digitalizzazione del continente. La Nigeria si attesta al primo posto tra i paesi che maggiormente stanno investendo sulla banda larga, seguita di recente anche dal Ruanda e dalla Tunisia. Lo sviluppo della banda larga in questi paesi non è casuale. Difatti, si tratta di tre paesi che hanno una elevata propensione allo sviluppo del settore terziario, banche, information tecnology e sistema di logistica, telecomunicazioni e trasporto internazionali. Tali settori hanno bisogno di sistemi di comunicazione avanzati e di una rete di accesso ampia e disponibile nei principali centri abitati, come Lagos, Kigali e Tunisi.

Accesso ad internet e diritti umani

L’accesso ad Internet può considerarsi un diritto umano? Le opinioni non sono concordi e VuBlog propone una breve rassegna di contributi per approfondire il tema. Ad oggi l’ONU si è limitata a definire la Rete solo uno strumento per realizzare i diritti umani, alcuni esperti mettono in guardia dai possibili effetti distorsivi della digitalizzazione, mentre  colossi come Facebook si impegnano concretamente per realizzare l’Internet for all. 

Internet come strumento dei diritti umano

L’Organizzazione per le Nazione Unite, in un rapporto del 2011, redatto da Frank La Rue (Special Rapporteur per la promozione e la protezione del diritto alla libertà di opinione ed espressione) ha definito l’accesso alla  rete uno strumento per la realizzazione dei diritti umani. Una qualifica dovuta soprattutto allo stretto legame che c’è tra la rete e la possibilità di informarsi ed esprimere le proprie idee.

L’impegno di Facebook

Già da tempo, Facebook ha fatto dell’ “Internet per tutti” la sua bandiera, impegnandosi in iniziative di sviluppo che permettano di portare la connessione nelle aree ad oggi scoperte, specialmente nelle zone rurali dei paesi meno avanzati. Ne sono un esempio i progetti Terragraph ed ARIES, a cui ha dedicato un articolo il portale Tech Crunch. Il primo punta a creare una rete di hotspot wi-fi ravvicinati che sfruttino la banda a 60 Ghz, il secondo invece fa leva sulle frequenze radio.

Luci ed ombre nel rapporto tra digitalizzazione e diritti umani16

Non sempre la digitalizzazione aiuta la promozione dei diritti umani, in alcuni casi la Rete si traduce addirittura in un arma di repressione e violazione. Su questo tema, il portale dell’organizzazione internazionale Human Rights Watch ospita un contributo di Eileen Donahoe, direttrice del reparto Global Affairs. L’articolo analizza nel dettaglio alcuni aspetti delle nuove tecnologie che, se gestiti in maniera sbagliata, posso rappresentare un vero e proprio pericolo per i diritti individuali.

Benin, molto mobile ma poche connessioni

I dati relativi allo sviluppo digitale del Benin mettono in luce una spaccatura. Mentre i numeri che riguardano la diffusione del mobile fotografano una situazione buona, migliore rispetto a molti altri paesi africani, le cifre di Internet mostrano una situazione ancora molto arretrata. La penetrazione del mobile sulla popolazione è pari al 10,2% (fonte: Budde.com), gli internet users si fermano al 5,3% (fonte: ITU). Non a caso, nella classifica sull’accessibilità della rete, stilata dall’Alliance for Affordable Internet, il Benin raccoglie solo 35 punti, piazzandosi 38° su 51 nazioni censite (17° su 24 se si restringe il campo alla sola Africa).

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Affordability Index, il Marocco entra nella top ten

L’ Affordability Index, realizzato dall’Alliance for Affordable Internet, misura la convenienza della rete nelle economie emergenti ed in via di sviluppo. La connettività, infatti, è universalmente considerato un importante volano di crescita economica.

L’ Affordability Index

L’ Affordability Index misura il grado di accessibilità della rete internet in 51 paesi emergenti o in via di sviluppo, analizzando le politiche nazionali in termini di investimenti infrastrutturali ed incentivi economici alla banda larga. dati alla mano, l’Alliance for Affordable Internet stila una vera e propria classifica, evidenziando gli Stati più virtuose. 

L’idea di partenza è che la rete sia un motore di crescita economica; garantirne l’accesso “low cost”, quindi, permetterebbe l’emancipazione dalla povertà. Spesso però, la mancanza di denaro è proprio il principale ostacolo all’uso di internet. Nell’edizione 2015-2016 del report, l’AFAI ha rilevato come molti paesi siano ancora lontani dall’obiettivo fissato a livello internazionale: i servizi a banda larga non dovrebbero costare più del 5% del reddito pro-capite. Un limite che peraltro l’associazione vorrebbe fosse abbassato, per risultare più efficace. Permangono inoltre forti differenze di genere, con le donne che hanno meno possibilità di accesso ad internet rispetto agli uomini.

Il confronto con il 2014

In cima alla classifica dell’AFAI si confermano, nell’ordine, Colombia e Costa Rica, che però invertono le posizioni rispetto al 2014. La top ten fa registrare due nuovi ingressi: Marocco (7°, primo tra i paesi africani) e Messico (9°). Il successo del Messico è da ascriversi soprattutto alla nuova normativa in tema di telecomunicazioni, approvata nel 2014. Per il Marocco, invece, hanno pesato soprattutto importanti investimenti in infrastrutture e gli effetti di lungo periodo di due riforme varate anni fa: la creazione di un garante pubblico delle tlc ed un piano di privatizzazioni del settore.

Il salto più importante, però, è quello del Myanmar, balzato dal 36° al 27° posto, grazie ad interventi di apertura del settore TLC e di introduzione dei servizi a banda larga.

Il progetto di Liquid Telecom per la connettività del Kenya

Nairobi, capitale del Kenya, è al centro del piano di sviluppo con cui Liquid Telecom, azienda molto attiva in Africa, vuole continuare a far crescere le connessioni ad alta velocità del paese. L’investimento previsto vale oltre un milione di dollari.

Le potenzialità del Kenya

“Vogliamo continuare a contribuire allo sviluppo economico del Kenya garantendogli connessioni più veloci ed efficienti”. Con queste parole Ben Roberts, CEO di Liquid Telecom Kenya, ha focalizzato l’obiettivo dell’investimento che l’azienda si appresta a fare per potenziare il network kenyano. Già oggi il Kenya è leader, tra i paesi africani, in termini di connessioni internet e mobile. A fine 2015 il numero di utenti che navigano sul web è arrivato a sfiorare quota 30 milioni e gli abbonamenti mobile per connessioni dati si sono attestati poco sotto i 20 milioni, con un balzo di oltre 5 milioni nell’arco di un solo trimestre. Un a vera e propria locomotiva, quindi, dove a trainare la fame di “alta velocità” è soprattutto il segmento business, in particolare le piccole e  medie imprese. Ed è proprio alle loro esigenze che Liquid Telecom vuole dare risposta.

L’impegno di Liquid Telecom

L’investimento che l’azienda metterà in campo nel 2016 vale circa 1 milione di dollari e si muove lungo due direttrici: il completamento del network metropolitano di Nairobi e il potenziamento della rete wi-fi del paese. Ad oggi Liquid Telecom ha costruito una rete completamente indipendente, che garantisce elevate prestazioni a tutti gli operatori del settore. La Compagnia ha portato la connessione ad alta velocità in 39 delle 47 province del paese, e messo in funzione circa 200 hotspot wi-fi in alcune città strategiche. Ora, con questo nuovo piano di sviluppo, intende intervenire sulla rete della capitale, aumentandone fino a dieci volte la rapidità, e sulla capillarità del wi-fi, installando centinaia di nuovi hot spot in tutto il paese.

ACE, il network che combatte il digital divide africano

ACE (Africa Coast to Europe) è uno dei cavi che collega l’Europa ai paesi africani che affacciano sull’Oceano Atlantico. Un’infrastruttura strategica, in funzione dal 2012, che ha contributo a combattere il digital divide continentale.

Dall’Africa all’Europa, attraverso ACE

L’acronimo ACE sintetizza il nome di Africa Coast to Europe, uno dei sistemi di cavi sottomarini più importanti tra quelli al servizio dell’Africa. L’infrastruttura, con i suoi oltre 17.000 chilometri di lunghezza, corre dal Sud Africa fino alla Francia, lungo la costa occidentale del continente, toccando ben 20 paesi. Un tragitto di importanza strategica, perchè insiste su un territorio, quello africano, dalle enormi potenzialità per quanto riguarda lo sviluppo delle Telecomunicazioni e di Internet. Nel 2015, inoltre, è stato approvato un progetto di implementazione che lo porterà fino in Camerun.

ACE è entrato in servizio nel dicembre del 2012, la sua realizzazione è costata circa 700 milioni di dollari ed è stata affidata ad Alcatel Lucent che ha garantito l’uso della più avanzata tecnologia in fibra ottica: la WDM ( wavelength division multiplexing). I cavi che compongono il network, che transitano a oltre 6.000 metri sotto il livello del mare, hanno un diametro di 4-5 centimetri ed una portata massima di 5,12 Tbps.

La lotta al digital divide

L’importanza strategica di ACE si comprende al meglio se si scorre la lista di paesi africani che coinvolge, tra cui ce ne sono alcuni che vengono connessi per la prima volta al network di cavi internazionali. E’ il caso di Guinea, Guinea Equatoriale, Gambia, Liberia, Mauritania, Sao Tome e Principe e Sierra Leone. L’infrastruttura è stata  pensata proprio con l’obiettivo di abbattere i costi della banda larga in Africa, contribuendo alla lotta contro il digital divide e quindi allo sviluppo sociale ed economico del continente. Inoltre per alcuni stati, al momento della sua messa in opera, ha rappresentato la prima occasione di collegamento alla rete internazionale su cui transita il traffico internet

Togo, al lavoro per colmare il digital divide

Per il Togo il digital divide è ancora un scoglio importante sulla strada dello sviluppo. Il paese ha tassi di penetrazione di Internet, banda larga e mobile tra i più bassi della sua regione (Africa Occidentale). La banda larga è un miraggio per la quasi totalità della popolazione: le connessioni mobile sono appannaggio del 4,1% della popolazione, quelle fisse solo dello 0,1%

International Telecommunications Union, nel suo report “The State of Broadband”, ha rilevato come, ad oggi, il governo del Togo non si sia ancora dotato di una strategia di sviluppo della banda larga, anche se un pianificazione in tal senso è in fase di programmazione.

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Il futuro delle TLC in Europa

Secondo esperti ed analisti, l’Europa delle telecomunicazioni è ad uno snodo cruciale: ha bisogno di una svolta per decollare davvero. Un recente report dell’ETNO fotografa un business in ripresa, ma per riconquistare una leadership internazionale c’è bisogno di nuove regole.

Il report dell’ETNO

Lo European Telecommunications Network Operators ha realizzato, come ogni anno, un report in cui analizza lo stato delle telecomunicazioni nel vecchio continente, sia dal punto di vista della diffusione delle connessioni che da quello del business. Il dato principale è che il mercato TLC europeo ha rallentato  la sua caduta, fin quasi ad arrestarla, e dal prossimo anno dovrebbe tornare a crescere. A dare linfa al settore sono stati gli investimenti, in salita, e il mercato mobile che, seppur in leggera flessioni, ha fatto registrare performance migliori degli altri segmenti.

L’America guarda all’Europa

Il portale Key4Biz riporta l’opinione espressa dal Wall Street Journal sul settore TLC europeo. Secondo l’influente quotidiano statunitense, l’Europa delle telecomunicazioni deve puntare a realizzare un vero mercato unico, obiettivo finora annunciato a parole ma mai perseguito nei fatti. Sotto accusa, secondo gli esperti americani, andrebbe messo l’atteggiamento incoerente e poco chiaro di Bruxelles, che ad ogni cambio di Commissione sembra mutare approccio verso il mondo tlc. 

Regolamentazione unica

Il WSJ focalizza la sua critica all’Europa sulla mancanza di un vero mercato unico, il CERRE (Centre on Regulation in Europe), invece, punta il dito contro la frammentazione della regolamentazione. Sempre il sito Key4Biz, infatti, dedica un articolo ad uno studio dell’ente, secondo cui il futuro del business tlc in Europa è messo a rischio dalla mancanza di un quadro normativo unico tra Internet, media audiovisivi e comunicazioni elettroniche. La soluzione, secondo il centro di analisi, sarebbe quella di strutturare un quadro regolamentare per tutte le infrastrutture digitali e un altro per tutti i servizi.